La terra di Ciociaria

L’ampia zona che si estende a sud-est di Roma, oltre i Colli Albani e fino alle porte dell’Abruzzo e del Molise,

img-ciociaria

costituisce la parte del Lazio chiamata Ciociaria o Cioceria. Il suo nome, relativamente recente poiché è entrato nell’uso comune solo alla fine del ‘700, deriva, a differenza di quasi tutti i nomi territoriali d’Italia che hanno origine storica o geografica, dalla ciocia, un tipo di calzatura rudimentale usata dagli abitanti del luogo fin dai tempi più antichi.

Si tratta di una specie di sandalo, formato da una suola di cuoio, opportunamente trattata, leggermente sollevata lungo i bordi laterali e con la punta fortemente rialzata in avanti detta la ciafrocca. Un lungo laccio di cuoio, da un lato più chiaro, viene passato attraverso alcune aperture praticate nella suola e legato, come vuole la tradizione, con tredici giri attorno al polpaccio, protetto da una pezzuola bianca che nasconde il calzettone.

 

 

I monti Ernici, che costituiscono lo spartiacque fra l’alta valle dell’Aniene, l’alta valle del Liri in Abruzzo e la valle del Cosa, tributario del Sacco, sono formati da estesi banchi di calcari cretacei e si articolano in una serie di cime al di sotto dei 2000 metri. Il carsismo ha modellato alcune zone del territorio creando pittoreschi paesaggi. L’esempio più noto è Campo Catino, frequentata stazione sciistica situata a circa 1780 metri di altezza.

Ai piedi dei monti La Monna (metri 1951) e Rotonaria (metri 1750) il carsismo ha causato lo sprofondamento della volta di una caverna sotterranea dando luogo ad una spetta colare voragine nota come il Pozzo di Antullo. Lungo le sue pareti, a tratti bagnate da una fitta rete di rigagnoli e vene d’acqua che brillano sotto i raggi del sole, pendono numerose stalattiti, in alcune parti fitte ed aguzze, più rade e spuntate in altre.

Dalla spaccatura dei massi sbucano arbusti imprecisati mentre sul fondo, ad una profondità di circa 60 metri, troneggia la massa arborea di un noce gigantesco al quale fanno da cornice innumerevoli piante di ginestre selvatiche, lentischi, felci e sambuchi. Gli anziani del luogo narrano che, fino a pochi decenni fa, i pastori vi calavano le pecore ad una ad una, affinché vi pascolassero l’erba del fondo.

Tra i monti Ernici, che degradano lentamente con un’ampia fascia collinare e i Lepini, che incombono invece con ripidi versanti, si estende la valle del Sacco denominata, al tempo dei romani, valle Latina poiché era attraversata dalla via omonima.

Il fiume Sacco, detto anticamente Trerus e conosciuto anche come Tolero, nasce dal versante orientale dei monti Prenestini. Lungo il suo corso di circa 87 chilometri riceve le acque da vari affluenti fra i quali il Savo e il Cosa; nei pressi di Ceprano, sbocca nel Liri, altro importante fiume della Ciociaria ricordato anche da Orazio che gli dedicava questi versi: “... rura quae Liris quieta mordet aqua taciturnus amnis” (... i campi che il Liri, fiume taciturno, blandisce con quieta onda) . Il Liri nasce con piccole vene fra le falde dei monti Camiciola e La Fossa, a poca distanza da Castellafiume (L’Aquila), e termina, come Liri, nella piana di Cassino dove, incrementato dalle acque del Gari e di numerosi altri fiumi, prende il nome Gari che muterà poi in Garigliano al confine con la Campania. Durante il suo percorso di circa 120 chilometri attraversa l’angusta e pittoresca valle di Roveto dove riceve le acque del canale artificiale Torlonia, emissario del vasto bacino dove si raccoglievano, prima della bonifica, le acque della conca del Fucino.

A Isola Liri le sue acque si uniscono a quelle del Fibreno, ritenuto il fiume di Cicerone poiché sembra che il suo corso attraversasse il podere del celebre oratore. Qui formano un’imponente cascata che un secolo fa destò l’ammirazione dello storico tedesco Gregorovius, qui giunto dopo un faticoso viaggio attraverso la campagna romana.

Il Fibreno ha un corso molto breve, circa 12 chilometri, ed è navigabile con caratteristiche barche di quercia a fondo piatto, adatte sia per la pesca che per i trasporti agricoli. A differenza degli altri fiumi, la sua portata aumenta nei mesi caldi da maggio ad agosto raggiungendo i 16 metri cubi al secondo per scendere a 6 nel periodo più freddo, da novembre a marzo. Il Fibreno è molto caro agli abitanti di Sora. Sulle sue sponde, secondo la tradizione, fu decapitata la vergine Restituta insieme a due cristiani; le loro teste vennero gettate in acqua in pasto ai pesci e i loro corpi lasciati sulle rive in preda alle fiere. Per volontà divina, però, sia gli uni che gli altri non vennero toccati. Appena scaturito da numerose sorgenti, anche subacquee, il Fibreno forma un lago che non è altro che il naturale bacino delle acque che non riescono interamente a defluire. Si tratta del lago di Posta Fibreno situato nella valle di Comino, conosciuto fin dai tempi antichi per una pittoresca isola galleggiante, formata da intrecci di piante e radici, che si sposta con la sola pressione del piede. L’isola, ricordata anche da Plinio, si può raggiungere dalla riva, serpeggiando fra incantevoli canneti, con una caratteristica imbarcazione a chiglia piatta di origine sannitica, in uso solo nella zona, detta la Naue.

Al lago sono legate moltissime leggende fra le quali quella del convento inghiottito dalle acque, la cui campana sembra suonare durante le notti di tempesta.

Nel territorio ciociaro sono presenti alcune sorgenti di acque minerali dotate di notevole efficacia terapeutica. Di rilevanza internazionale è la stazione termale di Fiuggi che con le due fonti, quella di Bonifacio VIII, indicata particolarmente per le cure antimeridiane, e quella di Fonte Anticolana, frequentata in particolare nel pomeriggio, è in grado di soddisfare molte esigenze terapeutiche.

Di notevole importanza sono anche le Terme di Pompeo, dette un tempo dell’Acquapuzza, situate a breve distanza da Ferentino e riedificate recentemente secondo modernissimi criteri estetici e funzionali.

Particolare importanza naturalistica riveste la Selva di Paliano, oasi faunistica all’interno della grande tenuta del Principe Antonello Ruffo di Calabria che ospita circa 200 specie di volatili provenienti da varie parti del mondo. All’inizio della frequentazione della Ciociaria da parte dell’uomo, buona parte del territorio era ricoperto da folte foreste, una delle quali fossilizzata, risalente presumibilmente a 700.000 anni fa, è stata localizzata nella zona di Villamagna, nei pressi di Anagni.